Missione in Angola

Amare per osare

a cura di Suor Valentina Zerboni

La Chiesa ci invita ogni anno a vivere il mese di ottobre come mese missionario. Ma cosa significa per noi che viviamo in Italia, a Verona, nel Centro Pastorale Ragazzi? Certamente il pensiero va subito alle parti del mondo più povere, ai tanti migranti e extra-comunitari che incrociamo per strada o in fila davanti alla questura. Una frase di papa Francesco però salta subito in mente: “ogni battezzato è missionario”. Allora non serve per forza “andare in Africa” per essere missionari. Come suore Figlie di Gesù, è la nostra stessa vita che ci interpella e ci chiede una riflessione più ampia. La nostra congregazione ormai è sempre più internazionale. La nostra comunità al C.P.R. è composta da una suora angolana e una italiana. La missione della nostra famiglia religiosa nella Chiesa (l’educazione dei giovani) cerca di incarnare lo stesso carisma in modi molto diversi nelle varie parti del mondo. Il mese scorso sono stata per la prima volta in Angola: un viaggio particolare che la congregazione ci ha offerto proprio per conoscere la realtà, le sorelle, la vita del popolo, le opere iniziate circa sessanta anni fa da suore italiane (appunto missionarie) che hanno scommesso solo sul Vangelo, hanno sognato e sperato ciò che ancora non c’era e che oggi inizia a vedere i frutti, pur ancora tra mille difficoltà.

Conoscere di più per amare di più. Amare di più per avere la forza ogni giorno di spendere la vita gratuitamente per un bene più grande, in qualsiasi parte del mondo ci troviamo a vivere. Amare di più per poter cambiare lo sguardo sulla nostra realtà, aprire gli orizzonti, uscire dal pensiero dei nostri piccoli o grandi problemi quotidiani, che sono reali, ma non sono il tutto.

L’Angola è un paese molto grande, la popolazione è molto giovane. Per farci un’idea, la capitale Luanda è così grande da essere divisa in due diocesi. Le richieste di iscrizione nelle nostre scuole sono numerosissime (non c’è bisogno di organizzare gli Open-day): le classi hanno un numero massimo di alunni (per poterli seguire bene) che non riesce a soddisfare le richieste. In tutte le scuole del paese, i bimbi della primaria vanno a scuola al mattino, mentre le medie al pomeriggio, perché non ci sono abbastanza aule per tutti. Lo stato sta investendo molto sulle scuole, ma i problemi sono ancora molti. Anche la sanità sta facendo passi avanti, ma la mortalità giovanile è ancora molto alta. Il divario tra le zone della città mi lascia allibita: zone ricche con palazzi, hotel, strade bellissime, e zone poverissime, dove la gente vive tra le immondizie, vendendo per strada quello che ha per avere a sera qualcosa da mangiare. Parchi naturali da far invia al Trentino, case dignitose lungo strade asfaltate, negozi di cellulari come quelli che troviamo in Italia, e di fianco baracche con tetti in lamiera tenuti farmi da sassi e strade che non possono chiamarsi tali piene di avvallamenti e buche, alcune non percorribili nemmeno con i fuoristrada. Nelle nostre case e scuole c’è l’acqua e la corrente. Se la pompa però si rompe, è difficile e costoso recuperare il pezzo mancante; alcuni giorni l’elettricità arriva a così alto voltaggio che non si può usare altrimenti si rompono le lampadine, si bruciano pc ed elettrodomestici. Quante cose in Italia diamo per scontate.

L’Angola è una terra ricca di petrolio, diamanti, oro, frutta: tutto in mano a ricchi privati. La maggior parte del popolo soffre ancora la fame. Un governo che fatica a dare un futuro ai giovani, molti dei quali escono dal paese per guadagnarsi una prospettiva di vita migliore. Allora penso che tutti i problemi che abbiamo in Italia per la sanità che non funziona, le riforme scolastiche, le tasse, ecc, E ringrazio il Signore che l’Italia è cresciuta sui valori del cristianesimo, dando a tutti una parità di diritti e uno sviluppo economico per quanto possibile equo, che può essere da esempio.

In questo viaggio abbiamo avuto la gioia di partecipare ad alcune feste: la prima professione di otto nostre novizie, la festa per il primo anniversario della parrocchia e un lutto. Le celebrazioni, i colori, i balli, la partecipazione e la vicinanza del popolo e dei preti, della parrocchia e dei volontari in tutti i momenti sia di gioia che di dolore ci hanno trasportato in una dimensione di profonda gratitudine, commozione e contemplazione disarmante. La fede è tanta; la preghiera è fervente. Siamo stati una grande famiglia insieme con il popolo: una dimensione che in Italia è difficile anche solo da immaginare.

Torno in Italia con tanta gratitudine nel cuore per l’accoglienza e la condivisione della vita, e tante domande e dubbi sulle numerose contraddizioni che l’Angola vive e fatica a superare. Si radica in me più profondamente la missione che il Signore mi e ci chiede: il popolo angolano è profondamente riconoscente verso i missionari. Sanno che tutto quello che oggi hanno è perché in passato qualcuno ha donato la vita per loro. Gratuitamente e con speranza. Questa certezza mi dà la forza per vivere e annunciare il Vangelo anche qui, in Italia, in Europa, dove il benessere e l’invecchiamento sembrano aver spento la fiamma della fede. Le nostre suore missionarie hanno osato là dove non c’era nulla, solo con la forza di Cristo. Perché non dovremmo osare anche noi?

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